Canto di Bestabea
Ignara, un mattino di sole.
Dopo il lungo inverno
il sole scaldava l’acqua nel catino.
Ignara, mi immergevo,
immergevo il corpo
attraversato dall’ombra
della lontananza.
L’amore della mia vita,
in guerra, quando tornerà?
Quando ancora ci abbandoneremo all’abbraccio?
Quando, da quell’abbraccio
nascerà un figlio, una figlia,
stirpe di Urìa l’Ittita
innestata sulla stirpe di Giuda?
Un figlio, una figlia
per raccontare ai figli, alle figlie dei suoi figli
il miracolo del solo abbraccio
da cui nasce la vita.
Ignara, mi immergevo
nell’acqua di fonte attinta con otri
rubati al pianto,
alla lontananza, alla paura.
Ignara.
Profumava di muschio e gelsomino
l’acqua. Acqua di fonte antica,
fonte delle mie madri e delle madri delle mie madri.
Ignara.
Sali, presto, il re ti chiama.
Non ho vestiti adatti all’invito di un re.
E perché proprio me?
Cosa mai vorrà dirmi, il re?
Urìa l’Ittita è forse morto?
Morto da eroe?
Morirà, sì, da eroe,
Urìa l’Ittita.
Eroe ignaro.
Mio Signore, mio Dio,
la vita che porto in me
non è sua.
Aiutami ad accoglierla
come se lo fosse.
Come se fosse figlia di quell’abbraccio
e non del tradimento.
Aiutami a sperare
che per sentieri oscuri,
per sentieri che tu solo sai,
questo figlio, questa figlia
della stirpe di Iesse,
libererà i suoi figli, le sue figlie
e poi i figli e le figlie dei loro figli
dalla schiavitù del peccato contro l’innocenza.
Mio Signore, mio Dio,
aiutami a sperare
che la fonte d’acqua pura
a cui attingevano le mie madri
e le madri delle mie madri
non si prosciughi mai.
Mio Signore, mio Dio,
aiutami a sperare
che l’invisibile ricordo
di Urìa l’eroe ignaro
instilli nel cuore
di questo figlio, di questa figlia
e poi dei figli e le figlie dei loro figli
il canto che celebra il tuo amore,
il canto che annuncia il regno della pace.
Una riflessione sul salmo 51 alla luce dei capitoli 11 e 12 del Secondo libro di Samuele
